Storie di Confine

Retequattro, dal 2 dicembre 2008, ogni martedì in seconda serata

Con Storie di Confine - sei reportage prodotti da Videonews (testata diretta da Claudio Brachino) e realizzati in collaborazione con Retequattro e Mediafriends, che raccontano storie di dolore e di speranza in Brasile, Congo, Santo Domingo, Sudan, Thailandia e Uganda - la rete diretta da Giuseppe Feyles accende i riflettori sulla vita all'interno di alcune delle realtà più degradate del Terzo Mondo e sui progetti di aiuto e sostegno alle popolazioni bisognose, sostenute e promosse dalla Onlus creata da Mediaset, Medusa e Mondadori.

Si tratta di sei appuntamenti in onda dal prossimo 2 dicembre 2008, in seconda serata (con replica alla domenica mattina, prima della Santa Messa), dove, in ogni documentario vengono raccontate storie diverse, realizzate in regioni distanti migliaia di chilometri. Esistenze vissute da milioni di persone sconosciute e lontane, eppure molto simili tra loro, legate indissolubilmente da un filo rosso che, in ogni paese, assume sempre il colore del sangue. Violenza, soldi, droga e fame sono parole che riecheggiano in ogni luogo dove la miseria e la disperazione hanno portano gli uomini, semplicemente per sopravvivere, ai gesti più estremi.

Dalle foreste del Brasile all'arido territorio del Sudan, dalle baraccopoli di Santo Domingo alla guerra civile in Congo, un viaggio intorno al mondo per riprendere e raccontare, con le voci di chi questi drammi li vive quotidianamente, le infinite storie sospese tra sofferenza e speranza.

Baratri sociali e umani in cui lo spazio di un sorriso è regalato quotidianamente da persone che per scelta hanno deciso di spendere le proprie vite e rischiare la propria incolumità per aiutare il prossimo. Passione e dedizione al servizio di intere popolazioni, coadiuvate dal lavoro costante di Onlus e associazioni non profit che hanno fatto della carità una ragione per cui vivere.

Storie di confine è un programma Videonews, testata diretta da Claudio Brachino. A cura di Mimmo Lombezzi, il capo redattore è Sandra Magliani. Produzione esecutiva di Rossana Mandressi.

Brasile

di Mimmo Lombezzi

Nel reportage di Mimmo Lombezzi, due giungle: la foresta pluviale che assedia il Rio delle Amazzoni e la giungla d'asfalto di Ita Una, ovvero un labirinto di baracche che conciliano miseria e nobiltà come allegria e violenza, che sorge alla periferia di Parintins (città del nord-ovest del Brasile, nello stato di Amazonas).

Se gli imprevisti della giungla amazzonica si annidano fra gli alberi oppure sott'acqua, gli imprevisti della giungla d'asfalto - violenza, fame, droga ed emarginazione - sono quasi invisibili sino a quando non emergono ridisegnando col sangue il destino delle vittime e degli aggressori. I ragazzi di strada che vivono a Ita Una, quando non si scontrano tra loro per contendersi il traffico di droga, chiudono con una barricata il ponte che collega il quartiere a Parintins e iniziano a taglieggiare i passanti. Ita Una (che vuol dire pietra nera) è infatti una specie di alluvione sociale: un quartiere di precari, di disoccupati e di ladri nato negli anni 90 da un'alluvione vera che spinse alcune migliaia di contadini che avevano perso tutto ad occupare una striscia di terra alla periferia di Parintins, costruendo una città completamente abusiva. Quando la polizia arrivò in forze per scacciarli, i missionari si interposero permettendo ai rifugiati di restare.

Fanno da guida in questi due labirinti, due uomini che incarnano due dimensioni della stessa scommessa: Giuliano Frigeni, vescovo di Parintins, e Vincenzo Pavan, missionario nella foresta amazzonica.

Frigeni conduce i telespettatori fra i fumatori di colla e i giovani ladri di Ita Una, raccontando sia le guerre per bande che la panetteria che hanno fatto costruire strappando 18 adolescenti ad un destino di violenza che sembrava già scritto. Pavan racconta il mondo perduto della gente del fiume, ovvero uomini capaci di fare letteralmente di tutto: costruire case e barche con una motosega, allevare mandrie o dare la caccia di notte a coccodrilli di 6 metri usando solo un arpione.

Oggi, il Brasile, grazie a una politica economica che ha permesso l'inclusione sociale delle classi più povere, è in pieno sviluppo, ma nelle favelas di Parintins molti bambini figli di matrimoni naufragati in fretta non hanno neppure da mangiare e altri muoiono delle malattie degli adulti, come la sifilide e l'Aids.

Per aiutare concretamente i bambini di Parintins, Mediafriends ha deciso di sostenere il progetto del PIME, per la costruzione di un reparto di Pediatria all'interno dell?ospedale della diocesi, che attualmente dispone di 60 posti letto.

Congo

di Mimmo Lombezzi

Sequestrato e ucciso Lumumba, il primo presidente eletto democraticamente, per oltre 40 anni il Congo è stato prima spremuto per conto del Belgio dalle dittature di Ciombè e di Mobutu, poi negli anni '90 è stato squartato dalle milizie dei paesi vicini Rwanda e Uganda che, per conto delle multinazionali europee e americane, saccheggiavano le risorse del paese.

Mascherata da conflitto etnico, la guerra del Congo è stata più di ogni altra il prolungamento dell'economia con altri mezzi. I cellulari che usiamo tutti i giorni ne sono in qualche modo un derivato. Uno dei loro componenti, il Coltan, presente in milioni di microchip, è uno dei minerali insanguinati (come l'oro, l'uranio, il cobalto e il rame) che hanno scatenato un conflitto continentale che, terminato ufficialmente nel 2003, nell'est del paese continua a far strage proprio in queste ore. 10 anni di stragi e 45.000 morti al mese, fanno di questa guerra lo scontro più letale che sia esploso sul Pianeta dopo la Seconda guerra mondiale. Una mattanza che, secondo l'International Rescue Committee, ha fatto 5,4 milioni di morti. L'equivalente di tutta la popolazione della Danimarca. L'effetto collaterale di 32 anni di dittatura e di 10 di guerra, è il collasso dello Stato e quindi della scuola.

"Abbiamo 3.000 bambini alle elementari e 400 nella secondaria", racconta Giovannina Malamocco, missionaria in Congo da oltre 30 anni. "Ma il 50% dei bambini non va a scuola. Lavorano nei campi con i genitori, portano acqua o vanno a far legna nella boscaglia. Eppure le famiglie, anche se in difficoltà, sentono che la scuola è importante. Per questo ci hanno chiesto di costruire una scuola elementare".

Da questa richiesta è nato il progetto di Vides, sostenuto da Mediafriends. L'intenzione è quella di costruire una scuola primaria per 500 bambini a Mokambo, con 8 classi, la direzione e una grande sala polivalente.

Le Salesiane che attueranno il progetto, sono delle veterane del Congo. Non hanno lasciato il paese neppure nei momenti più drammatici, quando a Lubumbashi, la capitale del Katanga, dovevano nascondere, a seconda dei momenti, novizie Tutsi o novizie Congolesi che rischiavano di essere travolte dalle diverse milizie etniche che attraversavano il paese.

Thailandia

di Mimmo Lombezzi

Uno dei progetti sostenuto da Mediafriends è quello del Centro dei Camilliani di Rayong, in Thailandia. Lì si è recato Mimmo Lombezzi, che documenta il lavoro di  Giovanni Contarin e l'altra faccia di Pattaya, ovvero quello dell'industria del sesso.

Il carpentiere di Dio, così viene chiamato, non va a letto prima di mezzanotte e alle 7 è già a dir messa. Benedice i suoi orfani, arringa i suoi malati, poi si toglie la veste talare e con voce da martello pneumatico comincia a bombardare in veneto-thailandese gli operai che lavorano nel dispensario di Rayong. Finita la sfuriata, gli operai si accingono a rifare tutto con rassegnazione asiatica e lui, sereno come un chierichetto, torna ai suoi malati, ai bambini che gli salgono addosso mentre fa colazione, o ai moribondi che conforta senza illuderli, guardando in faccia il male che non perdona: l'Aids.

Don Contarin è un omaccione sulla cinquantina, cocciuto come solo i veneti e gli altri popoli dell'Est sanno esserlo. Tredici anni fa, quando fondò il primo centro di accoglienza per malati di Aids, non lontano da Bangkok, si arrese alla diffidenza della gente solo dopo che gli avevano piazzato una bomba davanti all'ingresso e tirato svariati colpi di pistola nelle finestre. Temevano che un centro per curare i malati di Aids danneggiasse il turismo.

A Pattaya, da 13 anni, si raccolgono i relitti dell'invasione turistica che dà lavoro a 200.000  prostitute e che ogni anno, travolge migliaia di vite: fidanzate temporanee contagiate e abbandonate dai turisti dell'amore, orfani di famiglie decimate dall'Aids, donnaioli impenitenti diventati, ancora giovani, malati terminali e donne birmane o cambogiane sfruttate come schiave.

Secondo l'associazione End Child Prostitution in Asian Tourism, il guadagno annuale del turismo sessuale è calcolato in 54 billioni di Bat cioè 2,2 miliardi di dollari, prodotti da almeno 200.000 lavoratori e lavoratrici del sesso, un quarto dei quali sono bambini.

"Il Ventesimo secolo" - ha scritto Nicola Gomez Devila - "è un naufragio che non ha fine. E Pattaya è il capitolo più triste di questo naufragio".

Uganda

di Mimmo Lombezzi

Bashir Ramadhan vive in un quartiere povero non lontano dal centro di Kampala, in Uganda. Diventato cieco 13 anni fa, Bashir ha deciso di prendere a pugni il destino diventando il primo boxeur non vedente d'Uganda. Oggi, il Rocky di Kampala, ha una doppia identità: in moschea è un fedele fra tanti, che avanza incerto lungo il calvario che gli ha assegnato Dio; in palestra si trasforma, basta che indossi una benda sugli occhi e accetti di sfidare il labirinto del buio e il suo cieco Minotauro.

Spiega la dottoressa Rose Mutumba, chirurgo oculista del Cbm: "Essere disabili in Uganda ha risvolti sociali importanti, specie per i bambini. Molte possibilità sono chiuse: andare a scuola, giocare, avere rapporti con altri, trovare lavoro. Le donne disabili muoiono prima. La disabilità è stigmatizzata. In campagna, i disabili vengono tolti da scuola o isolati dal villaggio. Nei villaggi è considerata una sciagura legata a interventi soprannaturali".

Antonio Loro, chirurgo ortopedico, è uno dei medici di Cbm, una Ong internazionale nata 100 anni fa, che in Uganda cura varie patologie attuando quella che può essere definita una vera e propria chirurgia sociale. Un intervento che ripristina non solo funzionalità fisiche perdute, ma rapporti familiari e comunitari, che la disabilità aveva compromesso o distrutto.
 
Emersa da 20 anni di guerra civile e dal regime di Idi Amin, il pugile dittatore che andava a letto con 7 donne per notte, uccideva a pugni i suoi ministri, beveva il sangue dei nemici e che fece sterminare 300.000 oppositori, l'Uganda oggi è l'unico stato relativamente stabile nella regione dei Grandi laghi ed è una delle potenze militari dell'Africa orientale.

Correndo lungo le strade che portano in Rwanda, oppure sprofondando nel traffico napoletano di Kampala, l'Uganda sembra un paese che potrebbe essere prospero e forse sereno ma al nord, al confine col Sudan, il paesaggio cambia. Nelle terre della tribù Acholi, da quasi vent'anni imperversa il Lord Resistence Army, un'armata di bambini soldato appoggiata dai fondamentalisti islamici di Kartoum, ma guidata dai fondamentalisti cristiani di Joseph Kony, un pazzo visionario come Charles Manson e crudele come Pol Pot.
 
Ma alla periferia di Kampala, la battaglia contro la cecità e contro altre forme di disabilità, faranno un balzo in avanti all'inizio del 2009, quando sarà ultimato col sostegno di Mediafriends, un ospedale che consentirà di aiutare migliaia di bambini affetti da cataratta e migliaia di disabili in tutta la regione dei Grandi laghi.